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domenica 4 novembre 2012

UMBERTO SABA E LA POETICA SEMPLICITA'

 
 
 
 
 
Agli inizi del Novecento la poesia italiana è in pieno, innovativo fermento. In questo periodo si diffondono correnti poetiche come il futurismo e l'ermetismo ed è all'interno di questa rivoluzione culturale che si innalza, in solitario, la figura di Umberto Saba (Trieste 1883 - Gorizia, 1957).
 
Saba rifiuta, estraniandosi alle correnti in voga, tanto gli estetismi, che ritiene vuoti, quanto le avanguardistiche sperimentazioni, favorendo una poesia pura, caratterizzata da tradizionali mezzi espressivi.
Nelle sue opere, Saba, non disdegna di utilizzare parole tratte dal quotidiano e vi si riflettono le ricerche all'interno del proprio io e l'autoanalisi.
 
 
Il poeta ha costantemente dichiarato, nel corso della sua vita, di aver cercato, nella propria poesia, quella verità più profonda e nascosta, di cui non sempre si ha la chiara consapevolezza e che solo con le esperienze dolorose si rivela. Si serve di versi chiari, comprensibili (antiermetismo) per far apparire la verità interiore, quella "verità che giace al fondo" che altro non è che la profondità dell'inconscio.
 
I suoi versi, in opposizione all'ermetismo, sono semplici e convogliano verso la vita di tutti i giorni e su aspetti autobiografici.
 
L'infanzia infelice, caratterizzata dall'abbandono del padre ancor prima della sua nascita, l'affidamento a una balia slovena a cui si affezionerà enormemente e il conseguente allontanamento da essa provocato dalla gelosia dell'austera, severa madre, lasceranno un segno indelebile nel suo animo.
 
Testimonianze fondamentali di questi primi anni tormentati sono la scelta del poeta di rifiutare il nome paterno, Poli, per assumere quello di Saba, probabilmente in omaggio a quello dell'adorata nutrice (Sabaz) e, in età adulta, l'incontro con le teorie di Sigmund Freud e con la psicoanalisi. Il grande psicologo, Edoardo Weiss, con le sue cure, allevia il dolore della sua nevrastenia e depressione e lo porta ad elogiare la terapia psicanalitica nelle sue "Storia e cronistoria del Canzoniere" e "Il piccolo Berto è rinato durante una cura psicanalitica".
 
 
 
Nelle sue liriche, Saba, sviscera il forte sentimento per la sua città, Trieste, canta le gioie e i dolori di un'esistenza vissuta con sofferta, autentica partecipazione. Con grande semplicità e originalità, riesce a esprimere l'amore per la moglie Lina; nella poesia "a mia moglie", l'amata consorte viene, di volta in volta, paragonata a vari animali e in questo parallelismo tra la donna e le bestie, la lirica riconduce al primo, puro sguardo con cui un bambino osserva le cose del mondo: per il bimbo gli animali appartengono anch'essi al mondo degli esseri umani e nella sua innocenza non esistono gerarchie tra le varie creature della terra.
 
Nel 1957, all'età di 74 anni, Umberto Saba muore in una clinica di Gorizia,a nove mesi di distanza dalla scomparsa dell'amatissima moglie.
Capace di trasformare in poesia le vicende quotidiane della vita e utilizzando un linguaggio prossimo al parlato di tutti i giorni piuttosto che un linguaggio artificioso e "splendido", la sua poetica è l'espressione della sincerità e dell'onestà dei sentimenti umani più intimi, quelli della famiglia, dell'amicizia, della solidarietà verso il prossimo, quei sentimenti che fanno parte dell'umanità dell'individuo e costituiscono le basi della convivenza civile.
 
 
 
 


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